LINGUISTICA
La linguistica è la disciplina scientifica che studia il linguaggio umano (inteso come la capacità dell'uomo di comunicare) e le sue manifestazioni (le lingue parlate nel mondo). Un linguista è una persona specializzata in linguistica e non va confuso con un poliglotta, che è invece una persona che parla più lingue.
Introduzione
La linguistica ha come scopo quello di definire e comprendere le caratteristiche del linguaggio (la facoltà mentale dell'uomo di comunicare attraverso una lingua) attraverso l'analisi delle lingue del mondo: un linguista indaga e descrive quindi le strutture delle lingue per capire come sono quest'ultime e cerca di spiegare perché queste sono come sono (e perché non sono in altro modo).
L'obbiettivo di un linguista quindi non è quello di studiare le lingue per imparare a parlarle, cioè a comunicare con i parlanti di quelle lingue. La distinzione è parallela a quella che sussiste tra un pilota di aeroplani e un meccanico: il pilota conosce i comandi per pilotare il veicolo e come ad ogni pulsante corrisponda una precisa funzione; un meccanico, invece, conosce le singole parti dell'aeroplano, come queste siano connesse tra loro e come insieme permettano all'aeroplano di volare. Idealmente, un pilota potrebbe non conoscere i circuiti dell'aeroplano e come funzionano e viceversa un meccanico potrebbe non essere in grado di guidare un aeroplano. Parallelamente, un poliglotta è simile ad un pilota, mentre un linguista corrisponde al meccanico.
Sincronia e diacronia
La linguistica indaga le lingue secondo due aspetti: quello sincronico e quello diacronico. Una lingua o, più in particolare, un fenomeno linguistico possono essere studiati nella loro evoluzione storica, ossia nel loro mutare nel tempo: tale approccio, nonché metodo di analisi linguistica, è chiamato diacronico. La linguistica storica è quella branca della linguistica che si occupa dello studio diacronico delle lingue. Quando invece si osserva e si analizza una lingua o una sua caratteristica in un preciso momento storico (sia esso presente o passato), senza interessarsi del suo aspetto diacronico, si conduce una analisi sincronica. Quest'ultima è condotta dalla linguistica sincronica.
Ogni livello di una lingua (dalla fonologia alla semantica e alla pragmatica) può essere studiato sia sincronicamente che diacronicamente: ad esempio, è possibile studiare il sistema nominale del latino (ossia le declinazioni: quali sono e come sono strutturate) per come ci è stato conservato nei testi letterari di un determinato periodo (studio sincronico); oppure possiamo ricostruire i mutamenti che hanno portato al sistema nominale latino come lo osserviamo, seguendo la sua storia dal protoindoeuropeo fino al latino (studio diacronico).
Discipline
La linguistica è un campo di ricerca ampio che include varie discipline, alcune delle quali collegate alle varie parti che compongono il sistema lingua. Le principali sottodiscipline della linguistica (che corrispondono in linea di massima ai livelli che compongono un sistema lingua) sono:
- la fonetica e la fonologia, che riguardano il sistema di suoni delle lingue
- la morfologia, che studia la struttura interna delle parole
- la sintassi, la quale si occupa della struttura delle frasi
- la semantica, che interessa il significato
- la pragmatica, che studia le proprietà degli atti comunicativi
- la lessicologia.
A seconda dei punti di vista dai quali il linguaggio viene studiato, è possibile inoltre distinguere altre sottodiscipline:
- la linguistica descrittiva, che si occupa di documentare e descrivere le lingue del mondo
- la linguistica storica, che consiste nell'analizzare i fenomeni linguistici da un punto di vista storico
- la sociolinguistica, la dialettologia, la geolinguistica e l'etnolinguistica, che si occupano dei vari aspetti sociali e di variazione geografica e dialettale
- la psicolinguistica, la neurolinguistica e linguistica cognitiva, che si occupano delle caratteristiche psico-cognitive e neurologiche del linguaggio
- la tipologia linguistica (o linguistica tipologica) e la linguistica comparata, il cui obbiettivo primario è quello di confrontare le lingue del mondo e individuare le strutture ricorrenti e darne una spiegazione attraverso motivazioni funzionali
- la linguistica applicata, la linguistica computazionale e la linguistica forense
- la logopedia e la foniatria, che si occupano dei disturbi e patologie legati al linguaggio.
Teorie linguistiche
Teorie generative e teorie funzionali
Molte teorie linguistiche sono state proposte negli ultimi due secoli. Tuttavia, se si osservano le teorie oggi più diffuse, è possibile distinguere principalmente due approcci ai quali tali teorie fanno riferimento: si possono avere teorie generative che si oppongono a teorie funzionali. Purtroppo è difficile delineare dei confini precisi e delle caratteristiche esclusive dell'uno o dell'altro approccio; inoltre, non è possibile individuare facilmente dei principi che siano davvero condivisi rispettivamente nelle due cornici teoriche.
Nonostante ciò, si può generalizzare dicendo che le teorie generative si basano su una serie di postulati i quali presuppongono che:
- la facoltà umana del linguaggio sia innata, ossia che alla nascita si sia già equipaggiati con delle entità linguistiche di base che permettono all'infante di apprendere la lingua in poco tempo,
- che la competenza di un parlante sia un insieme di regole e unità astratte, prive di dettagli che possono essere derivati da altri fattori,
- e che le unità innate di base (le quali complessivamente formano quella che viene chiamata Grammatica Universale o semplicemente UG, Universal Grammar) siano le stesse per tutti i membri della specie umana. Le teorie generative sono interessate alla competenza del parlante, non alla performance effettiva dello stesso, al reale atto comunicativo.
Le teorie funzionali, invece, concepiscono il linguaggio come uno strumento funzionale alla comunicazione ed è questa sua funzione che modella e trasforma il linguaggio. Le regolarità del linguaggio non sono quindi spiegate da caratteristiche innate nell'uomo, ma dal fatto che le lingue sono usate per comunicare. Le teorie funzionali sono quindi più interessate alla performance e per spiegare i pattern osservati nelle lingue del mondo ricorrono a fattori esterni al linguaggio stesso.
Teorie descrittive ed esplicative
Una seconda tipologia di classificazione, parallela a quella esposta sopra, è stata proposta secondo la quale le teorie linguistiche sono divisibili in teorie descrittive e teorie esplicative. Le teorie descrittive sono teorie che riguardano la descrizione delle lingue, cioè come sono strutturate le lingue. Diversamente, le teorie esplicative sono teorie che spiegano perché le lingue sono in un modo piuttosto che un altro. Descrizione e spiegazione sono quindi intese come due concetti separati, al contrario di quanto generalmente affermato dalle teorie generative: secondo queste infatti, una teoria può e deve essere descrittiva e al contempo permettere di spiegare i fenomeni considerati.
Secondo questa visione, non è possibile concepire una "linguistica teorica" in opposizione ad una "linguistica descrittiva", dato che la distinzione non è appunto tra "teorico" e "ateorico/descrittivo", bensì tra descrittivo ed esplicativo. In altre parole, la descrizione non potrà mai essere "ateorica", ma dovrà necessariamente rifarsi ad una teoria (di tipo descrittivo).
Universalismo e particolarismo categoriale
Le teorie linguistiche possono essere ulteriormente suddivise a seconda di come concepiscono le categorie linguistiche delle lingue. Le teorie che affermano l'universalismo categoriale si propongono di individuare categorie universali, pertinenti a tutte le lingue, e spiegarne le caratteristiche: per esempio, cercano di individuare la categoria "passivo" in tutte le lingue del mondo, osservandone il comportamento e definendone delle caratteristiche universali che permettano il riconoscimento della categorie stessa in tutte le lingue osservate. Le teorie che invece seguono il particolarismo categoriale sostengono che ogni lingua possegga le sue categorie (di qui il termine "particolarismo") e che non sia possibile equiparare una categoria di una lingua con la stessa di un'altra lingua.
TRADUZIONI
La traduzione è un'attività che comprende l'interpretazione del significato di un testo ("sorgente", "di origine", "di partenza" o "prototesto") e la successiva produzione di un nuovo testo, equivalente a quello di origine, in un'altra lingua (lingua "di destinazione", "di arrivo" o "metatesto"). Il termine "traduzione" tuttavia non indica solamente l'atto del tradurre, ma anche il testo tradotto, risultante da questa attività; per questi motivi, spesso alcuni studiosi e teorici hanno preferito evitare l'ambiguità usando un termine diverso e più specifico: ad esempio, il sostantivo "il tradurre" (Henri Meschonnic) oppure le locuzioni "attività traducente" (activité traduisante), "operazione traducente" (opération traduisante) (Georges Mounin) o altre ancora.
Il traduttore
Lo scopo del traduttore è quello di cercare di portare il testo dalla lingua di origine alla lingua di destinazione in maniera tale da mantenere il più possibile inalterato il significato e lo stile del testo, ricorrendo, se e quando necessario, anche a processi di adattamento. A causa delle differenze tra le lingue, spesso è difficile (se non impossibile: parecchi sono i sostenitori dell'intraducibilità delle lingue) conservare tanto il senso esatto quanto lo stile della scrittura – il ritmo, il registro, il suono, la metrica – e il traduttore si trova costretto a operare scelte che cambiano in funzione della natura del testo stesso e degli scopi che la traduzione si prefigge.
Se, per esempio, nel caso di una legge o di un testo tecnico deve essere privilegiata la maggiore aderenza possibile al significato del testo originale, la traduzione letteraria (narrativa, poesia…) può in certa misura scostarsi dall'esatto significato per mantenere invece lo stile e la metrica del testo originale, anzi il tutto della sua forma (Vegliante).
Vi sono poi situazioni in cui può essere necessario fare ricorso a note esplicative o a perifrasi; è il caso dei giochi di parole, di parole che rimano o si somigliano nella lingua originale ma non in quella di destinazione, dei proverbi oppure di concetti tipici della lingua e della cultura d'origine che non hanno equivalenti diretti nella lingua di destinazione.
È importante, anche dal punto di vista etico, che la traduzione venga condotta basandosi sul testo nella sua lingua originale, anche se non è infrequente il caso di "traduzioni di traduzioni", da lingue più diffuse di quella originale. Negli ultimi decenni è infatti invalsa la prassi, soprattutto per le lingue meno diffuse, della traduzione del testo originale in inglese con poi una seconda traduzione dall'inglese nella lingua di destinazione.
Problemi della traduzione, ruoli e funzioni.
Nella rappresentazione contemporanea della figura traduttiva, è stata fortemente voluta (anche dagli organi istituzionali con la creazione di cattedre universitarie apposite) l'introduzione della codifica di mediatore. Con questo appellativo la figura professionale può differenziarsi sia in mediatore culturale sia in mediatore linguistico. Proprio quest'ultimo caso rappresenta il talento traduttivo linguistico. Il problema base risiede già nell'etimologia delle due diverse parole, infatti "traduttore" determina un pensiero vicino alla matematica trasposizione di due testi, una traslazione scientifica e precisa di un complesso sintattico ad un altro, senza perdita di senso o di strutture semantiche. Ciò in realtà è stato più volte smentito e valutato come poco realistico, mettendo in dubbio il processo traduttivo come un semplice input – output. Al contrario una mediazione è la via che l'uomo ha percorso fin dalla nascita dei linguaggi, cioè il trasporto e l'adeguamento di un messaggio segnico da un contesto ad un altro, da un codice all'altro, da un paradigma all'altro. Lo stesso schema linguistico di Roman Jakobson prevede una minima parte delle diverse caratterizzazioni che negli ultimi 60 anni sono state prese in causa per la buona riuscita di un processo traduttivo.
Non sempre una parola nella lingua di partenza potrebbe essere sostituita 1:1 con una parola nella lingua d'arrivo, come riportato alla voce teoria della traduzione le dinamiche identificative delle componenti testuali diventano prioritarie.
Teorie sulla traduzione
Lo spazio intertestuale
Le teorie sulla traduzione sono molteplici. Una di queste, sostenuta da Peeter Torop, è quella dello spazio intertestuale. Lo studioso estone sostiene che «la cultura… provoca immancabilmente il confronto e la giustapposizione» e quindi nella traduzione di un testo è naturale che il traduttore faccia riferimento ad informazioni che già conosce alterandone in parte il significato. Michail Bachtin afferma: «Qualsiasi comprensione è una correlazione del testo dato con altri testi e il ripensamento nel nuovo contesto». Viene così definito il concetto astratto di spazio intertestuale come luogo in cui si crea la letteratura e la si recepisce ed interpreta.
Questa teoria amplia anche la definizione di traduzione stessa, che da mero passaggio da una lingua a un'altra diventa interpretazione del discorso altrui. Nel suo saggio Origini della terminologia filosofica moderna (2006), Tullio Gregory insiste sull'importanza sostanziale dell'opera dei traduttori, spesso e ingiustamente relegati in secondo piano per un inveterato pregiudizio sulla non originalità del loro lavoro. Se, da un lato, la traduzione si esercita su un patrimonio culturale e linguistico diverso, proponendo sempre un'interpretazione totale e originale, dall'altro, di fronte a dimensioni speculative ignote, impone “in maniera cogente” la creazione di strutture lessicali idonee a trascrivere l'originale.
Punto di vista semiotico
Per traduzione si intende la trasposizione di un testo in una lingua, o codice naturale, diversa da quella in cui il testo è stato inizialmente concepito e scritto. Normalmente quando si parla di traduzione si utilizzano metafore di carattere agonistico e si parla quindi di "testo di partenza" e "testo di arrivo", per delineare lo spazio in cui questo processo prende forma. La traduzione però non possiede solo una dimensione spaziale, bensì una dimensione temporale e culturale che è necessario tenere in considerazione. Volendo quindi utilizzare termini più precisi, si potrebbe chiamare il primo testo, quello da cui si traduce, "originale" o "prototesto" e il secondo, vale a dire il frutto del processo traduttivo, "traduzione" o "metatesto". Tradurre è necessario per comunicare, è necessario per avvicinare un concetto a persone che provengono da realtà culturali differenti. Un elemento importante nel processo traduttivo è la presa di coscienza che ogni atto comunicativo comporta un "residuo comunicativo", un concetto, una parola o anche solo un'espressione davanti alla quale sembra bloccarsi la nostra traduzione, davanti alla quale sembra impossibile procedere con la traduzione. Questo comporta una particolare attenzione nel vedere quali parti del messaggio hanno o potrebbero avere elevate probabilità di non essere comprese appieno e in modo immediato e quali strumenti metatestuali si possono mettere in azione per gestire tale residuo comunicativo. La strategia comunicativa viene così a coincidere in buona parte con la strategia traduttiva, che deve tenere conto della dominante del testo e del lettore modello del metatesto. Qualsiasi discorso facciamo, infatti, scritto o orale, verbale o no, è inserito in un contesto che influenza il senso del discorso. E la traduzione non può non tenere in considerazione l'ambito culturale che la caratterizza. Il semiotico estone Jurij Lotman nel suo saggio intitolato La semiosfera (1985) analizza questo importante rapporto di influenza tra "prototesto" e "metatesto" e quindi tra autore e ambiente culturale. L'universo della cultura è paragonato a un organismo, le cui cellule, rappresentate dalle singole culture, interagiscono, arricchendosi tra loro. Concetto chiave di questa teoria è quello di "confine" che è permeabile proprio come la membrana di una cellula. Questo confine unisce due diverse culture ma nello stesso tempo le divide mostrandone le varie diversità. Ed è proprio in questo confine che prende forma la traduzione. È nella semiosfera che due culture interagiscono tra loro. Lotman vede il rapporto tra cultura propria e cultura altrui come una benefica possibilità di arricchimento, di crescita per le due culture che possono così fecondarsi ed evolversi. Questa dinamica proprio/altrui, che è lontana dal voler creare uniformità e omogeneità, sviluppa le singole culture, tenendo in considerazione anche quelle minoritarie, che prendono coscienza della propria differenza e identità proprio attraverso il confronto con l'altro. Ed è all'interno del confronto tra noi e l'altro che prende forma la traduzione.
Traduzione simultanea
Con l'espressione traduzione simultanea, più esattamente chiamata interpretazione simultanea, viene invece inteso il lavoro di traduzione immediata di un discorso da una lingua a un'altra nel suo svolgersi; è un tipo di traduzione normalmente usato in assemblee e convegni internazionali per permettere a un uditorio composto di persone parlanti lingue diverse di seguire lo svolgersi dei lavori, ciascuno nella propria lingua.
CAT (computer-assisted translation)
Nella cosiddetta CAT – acronimo di Computer-Assisted Translation o Computer-Aided Translation, ovvero traduzione assistita – il software di traduzione si basa sulla costruzione progressiva di una banca dati di termini specialistici, in continua espansione, e sulla comparazione di corpora di testi. Questo meccanismo gioca soprattutto sull'elevata ricorrenza della terminologia settoriale che caratterizza i testi tecnici, di conseguenza la CAT ottiene ottimi risultati nel settore della traduzione tecnica.
Comunità di pratica
Le comunità di pratica per traduttori, che in genere sono comunità virtuali, sono luoghi in cui si condividono conoscenze riguardo alla traduzione. Professionisti della traduzione, specializzati in diversi settori, condividono la loro esperienza e il loro lavoro con altri professionisti, studenti e tutti coloro che hanno bisogno del parere di qualcuno che ha maturato una certa esperienza in un determinato campo. Queste comunità virtuali, che nella maggior parte dei casi sono strutturate come forum o mailing list di professionisti, sono il posto in cui i traduttori possono confrontarsi, chiedere pareri a proposito di testi specifici o traduzioni particolarmente ostiche. Per il mestiere di traduttore la possibilità di chiedere a un esperto quale sia il traducente migliore in un determinato contesto è molto importante e forse proprio per questo le comunità si sono moltiplicate sul web, a volte anche dietro la spinta di enti istituzionali.
Per quanto riguarda le mailing list, l’iscrizione è necessaria, ma i forum spesso sono consultabili anche senza iscrizione, indispensabile solo per scrivere nuovi interventi o per rispondere a quelli già presenti. In questo modo, anche chi arriva su queste pagine web per caso (magari attraverso un motore di ricerca) può apprezzare i lati positivi della condivisione delle conoscenze.